Monitoraggio smart working: tutti gli step e i KPI da usare

Un numero sempre più crescente di organizzazioni e grandi imprese implementa e sperimenta il paradigma lavorativo agile. Il monitoraggio dello smart working durante la fase emergenziale è servito a molte realtà per trasformare quello che era solamente un “progetto sperimentale”, in un valido approccio lavorativo basato su produttività, fiducia, ascolto e time management

È ovvio che per far percepire alle persone l’utilità del controllo nello smart working, è necessario che le aziende rendano chiaro il motivo del monitoraggio, spiegando che l’attività non è volta a controllare l’operato come risoluzione di un accordo contrattuale, ma per agevolare l’implementazione di un paradigma lavorativo che migliori la vita di tutta la popolazione aziendale e risolva in tempi brevissimi le criticità che possono presentarsi. 

Monitoraggio smart working: un incentivo per lavorare focalizzati e con fiducia 

Prima del Covid, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano aveva rilevato nel 2019 un’adozione dello smart working del 58% da parte delle grandi imprese e del 12% da parte di PMI. 

Poi è scattata l’emergenza sanitaria, e lo smart working ai tempi del coronavirus per molte realtà è diventata modalità lavorativa preferibile (per alcune obbligatoria), vista come soluzione per garantire la business continuity e un lavoro svolto in totale sicurezza

I dati del 2020 parlano chiaro: nel settore privato il 97% di grandi imprese e il 58% di PMI adottano il lavoro da remoto (definito volutamente così in questo caso, poiché molti progetti nati sotto pandemia, difficilmente possono essere definiti come smart working). 

In Italia la mancanza di un mindset e di una cultura manageriale volta all’innovazione, purtroppo, creano interpretazioni superficiali e distorte della modalità lavorativa agile. Nonostante questo, la presenza di iniziative e progetti, vere e reali, precedenti la pandemia, ha influito molto sull’incremento della stessa, poiché grazie a un monitoraggio dello smart working in fase di test, molte realtà hanno avuto modo di analizzare dati concreti e migliorare così l’implementazione del paradigma lavorativo, puntando sulla comunicazione tra azienda e lavoratori. 

Avere a disposizione dei report, strumenti di monitoraggio per agevolare la collaborazione e sistemi di valutazione delle performance dei dipendenti offre alle aziende l’opportunità di capire quali criticità possono sorgere in azienda e come risolvere tempestivamente

Quindi, quali sono i passaggi necessari per impostare un progetto di smart working all’interno dell’azienda? È necessario strutturare un framework, sorta di linee guida per favorire un così radicale cambio di cultura organizzativa, volto alla fiducia, alla responsabilizzazione dell’individuo e al raggiungimento dei risultati.  

Cosa serve per lo smart working: gli step fondamentali 

Una corretta implementazione e gestione dello smart working si basa su alcuni fattori molto importanti, che sono poi le leve del lavoro agile da adottare in azienda: 

  • instaurare un rapporto di fiducia: rapporto che deve godere di una reciprocità azienda – lavoratore, altrimenti risulterebbe impossibile adottare un paradigma lavorativo totalmente differente da quello che le realtà aziendali hanno sempre conosciuto. 

Quindi, tanto più il manager, il facility manager, l’HR manager, il lavoratore riescono a mantenere salda la stima reciproca e a mantenere uno spirito di squadra, tanto più ciascuna persona si sentirà coinvolta nel proprio ruolo, e non avrà problemi neanche a mostrarsi favorevole al monitoraggio dello smart working in ottica di miglioramento; 

  • diffondere modelli manageriali basati su autonomia e responsabilità dei lavoratori: definire gli obiettivi da raggiungere, comunicare tasks, OKR e dati è importante, e lo è anche coinvolgere il lavoratore nella definizione degli stessi. 

È fondamentale responsabilizzare le persone e renderle autonome nel lavoro, ma con le giuste linee guida, quelle che l’azienda intende seguire per il raggiungimento degli obiettivi. 

Lo smart working non è per tutti, è compito infatti dell’HR manager individuare chi ha una maggiore necessità di allineamento per sostenerlo con una maggiore comunicazione. 

  • rendere trasparente e chiara la comunicazione: comunicare è, appunto, uno scambio, e quando si lavora a distanza è l’unico canale a disposizione per veicolare un messaggio. 

Non esistono sguardi, non esistono gesti. La sfida dello smart working è proprio quella di essere il più chiari possibile nel condividere obiettivi, informazioni e sentimenti di coesione al team work, nell’impossibilità del confronto in presenza; 

  • sviluppare nuovi strumenti e competenze digitali: il lavoro a distanza implica un aumento di competenze, tecnologie e strumenti per agevolare lo svolgimento delle attività, mantenere alta la produttività e non finire nella trappola delle comunicazioni frammentate.  

Formare la popolazione aziendale sulle nuove skills tecnologiche e di digital collaboration e dotarsi di tecnologie adeguate al lavoro in smart working apporta un vantaggio competitivo sia di risultati, sia di collaborazione in team; 

  • ripensare gli ambienti aziendali in ottica smart working: rendere più flessibili gli spazi e gli orari di lavoro è oggi una necessità. Gli ambienti aziendali ormai si sono trasformati in spazi ibridi, in cui le postazioni lavorative sono condivise su prenotazione, a tempo, al bisogno. 

Permettere la continuità produttiva e lavorativa con un buon time management in un ambiente sano e ben organizzato è fondamentale per il lavoro in smart working. 

  • diffondere una cultura orientata ai risultati: implementare una cultura aziendale che si focalizzi sul raggiungimento degli obiettivi, piuttosto che sul “percorso” e sul tempo impiegato per arrivare all’output è un fondamento dello smart working.  

Trattasi di una cultura che rende autonomi i lavoratori, i quali maturano una consapevolezza imprenditoriale e riescono a prendere decisioni importanti e di leadership. 

Essere valutati sulla base dei risultati pone il lavoratore in una posizione di responsabilità, la motivazione è maggiore, la collaborazione in team migliore e la capacità di adattamento è continua. 

KPI smart working: gli indicatori da usare 

Gli elementi che abbiamo visto non possono esistere senza un monitoraggio dello smart working, in modo tale da poter individuare problematiche nel più breve tempo possibile, mantenere allineati i lavoratori con l’azienda e migliorare ove possibile. 

I KPI – Key Performance Indicator – dello smart working sono indicatori di performance orientati sia alla valutazione delle performance dei dipendenti con stime quantitative, sia qualitative grazie a survey e questionari. 

Nella maggioranza delle aziende che hanno già sperimentato con successo il paradigma lavorativo agile, il monitoraggio dello smart working tiene conto di 5 aspetti: 

  • il livello di partecipazione;  
  • la soddisfazione delle persone; 
  • il livello di coordinamento e allineamento con i team work; 
  • l’utilizzo della tecnologia e le possibili criticità; 
  • le soft skills e le caratteristiche degli smart workers. 

Possiamo quindi riassumere i KPI in 4 macroaree funzionali al controllo dello smart working

  • KPI riferiti alle persone; 
  • KPI di business e dei processi organizzativi
  • Indicatori di performance ambientali e di sostenibilità
  • Qualità del lavoro svolto.